Il video dello spettacolo
  Video spettacolo dei butteri
   

Calendario Spettacoli 2022:
Tutti gli appuntamenti con i Butteri della Maremma.
Uno spettacolo coinvolgente con Butteri, cavalli e vacche di pura razza maremmana.
Leggi per approfondire >>


 

Spettacoli 2022
FATTORIA DEL MARRUCHETONE Roselle (Gr) - Maremma - Toscana


GIUGNO Mercoledì 22 - 29
LUGLIO Mercoledì 6 - 13 - 20 - 27
AGOSTO Mercoledì 3 - 10 - 17 - 24 - 31
SETTEMBRE Mercoledì 7 - 14

  • ore 17.30 visita guidata della Fattoria Didattica.

  • ore 18.00 il lavoro dei Butteri, mastri di un antico mestiere.

  • ore 20.00 cena maremmana.

  • Per i bambini pony e animali della Fattoria. Possibilità di acquistare prodotti aziendali.

    PER MAGGIORI INFORMAZIONI E PRENOTAZIONI: +39 335 6511774
    info@cortedegliulivi.net

       
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    Animali della Maremma

    L'allevamento del bestiame costituiva la parte fondamentale dell’economia nelle grandi aziende della Maremma, superando di gran lunga, per importanza e redditività, la coltura di cereali.
    Nelle grandi estensioni latifondiste erano presenti molteplici situazioni ambientali: immensi pascoli si alternavano alle immancabili macchie o ai boschi e vi erano spesso zone paludose. In un habitat così favorevole, prosperavano le specie allevate, specialmente vacche maremmane con le grandi corna, ed il cavallo maremmano.
    Anticamente, in particolare nella campagna romana, l’allevamento ruotava intorno al cavallo, al quale si può dire che venissero affiancate vacche e pecore. I proprietari di più alto rango preferivano limitarsi ad allevare vacche e cavalli, cedendo in affitto ai pastori i pascoli in eccedenza.
    La forma di allevamento era quella allo stato brado, connotata dai grandi numeri dei capi di bestiame e dalle grandi estensioni territoriali lasciate incolte a causa dell’insalubrità dell’aria. Ma, tale sistema cominciò a subire un ridimensionamento quando alcuni latifondisti avviarono le prime opere di bonifica e di trasformazione, creando appoderamenti; successivamente la bonifica integrale e la riforma fondiaria ne determinarono il definitivo declino.

     

    La vacca maremmana


    La razza maremmana è considerata diretta discendente della grande razza grigia della steppa o razza asiatica del Sanson che dall’Asia, sua culla, si è diffusa nell’Europa occupando un’area geografica assai ampia che comprende L’Ucraina, la Romania, l’Ungheria, la Bosnia, la Dalmazia ed alcune regione d’Italia, soprattutto del centro-sud.
    Ma il bovino della Maremma nel tempo si è profondamente trasformato: “ Il bovino maremmano è l’espressione di un integrale adattamento a condizioni dure e primitive di vita le quali hanno provocato un’autentica selezione naturale del più adatto eliminando inesorabilmente e sistematicamente gli individui più deboli e incapaci di procacciarsi di che vivere nella macchia, nella palude e nel bosco, sotto la sferza del sole o nei rigori invernali”. Un autentico curriculum darwiniano unito al prezioso patrimonio genetico hanno consentito la formazione e la stabilizzazione di questa particolare razza.
    Esistevano numerose sottorazze che si distinguevano con i nomi della località di provenienza come la pomontina, la tolfetana, l’alberesana, e cosi via. Altre prendevano il nome dall’Azienda o dal proprietario, come la Marsiliana, la Torlonia, ecc.
    Nelle grandi aziende, l’allevamento delle vacche di razza maremmana costituiva l’attività più redditizia, quella per la quale era costantemente impiegato il maggior numero di persone. Questi animali avevano molteplici destinazioni, oltre a quella ovvia della riproduzione per la vendita come carne. Quest’ultima, del resto, non era affatto scontata vista la povertà del posteriore che, in un bovino da macello rappresenta la parte più pregiata.
    Fin quando non fu introdotta in Maremma la vacca da latte, la maremmana svolgeva anche questa funzione. Inoltre il ruolo del bovino era fondamentale nei lavori pesanti dell’azienda, fin quando non è stato sostituito dalle macchine. In particolare il bovino di razza maremmana era considerato il campione mondiale tra le razze da lavoro. Con l’avvento della meccanizzazione agricola, l’uso dei bovini maremmani da lavoro si è man mano ridotto fino a scomparire quasi del tutto. Sopravvivono sul Monte Amiata ed in Maremma in alcune Aziende come l’Azienda il Marruchetone vicino Roselle.
    L’allevamento in purezza è ormai limitato alle aziende pubbliche e a pochi irriducibili allevatori privati. Con loro e con la tradizione del Buttero sopravvive la Maremma tradizionale.

     

    Il Cavallo Maremmano



    Il cavallo e da sempre il simbolo più rappresentativo della Maremma, l’elemento che ha più nobilitato in questa civiltà agricola. Accomunato alla figura del buttero, è stato l’artefice della sua fama e del suo mito. La presenza del cavallo in Maremma fin da epoche remote è testimoniata da affreschi, sculture e decorazioni etrusche, che lo collocano tra i protagonisti di quella civiltà; il suo ruolo fondamentale nella locomozione, nel trasporto e nel lavoro è giunto inalterato alle soglie dell’era tecnologica.
    Le particolari condizioni ambientali della Maremma e l’intervento dell’uomo hanno concorso a selezionare un cavallo dalle caratteristiche eccezionali.
    Il cavallo maremmano nacque brado e puro. Non era bello, secondo i canoni estetici con i quali si giudica il dolicomorfo purosangue inglese; la testa un po’ arcuata e montone, indice di tenacia che raramente diventa caparbietà, le gambe grosse ornate nei pastorali di ciuffi di pelo grossolano, come setole, cosi puro sotto il barbozzale a sottolinearne la selvatichezza; dava subito l’impressione di solidità non smentita dall’esperienza, di vigore, di robustezza eccezionali. Eccezionali erano le prestazioni di cui era capace, tenuto ad un regime frugale; con poca biada e molta strada, questo era l’andante, era resistentissimo” (dal libro “I Butteri della Maremma” di Antonella Deledda e Lorenzo Mancioppi, edizione Valecchi, 1991) La storia del cavallo si perde nella notte dei tempi. Per tanti anni, uomo e cavallo insieme, hanno fatto la storia. Aveva ben ragione perciò il SANSON, illustre studioso francese dell’800, a considerare germaniche le origini del “cavallino che si trova nelle paludi della maremma toscana”. Non era stata la Maremma, fino al 1200, feudo dei Longobardi?
    Questa la storia passata.
    L’inizio del 900 è stato anche l’inizio di un lavoro di selezione e miglioramento delle razze italiane, in particolare della razza maremmana, nota per la sua rusticità, longevità e robustezza.
    Con l’aiuto dei Regi Depositi Stalloni (istituiti verso la fine dell’800), ma senza una politica seria e costante dello Stato, nacquero, affidate alla passione di molti, le varie ”razzette”. L’arabo e l’anglo arabo entrarono in varie razzette (Alberese, Marsiliana, Ospedaletto). In seguito si sviluppò l’incrocio con il p.s.i. (Rosselini, Doganella, gli Aquisti). Ecco perché cosi vari sono i modelli dei maremmani che passano da m. 1,70 a m. 1,60 dai morelli ai sauri, dai montanini agli arabeggianti. Il maggior acquirente di questi cavalli era l’esercito.
    Si svilupparono in Maremma, per la produzione di soggetti solidi e robusti, allevamenti bradi che sfruttavano gli ampi spazzi del latifondo.
    Con l’introduzione a Pinerolo della scuola “Caprilli”, iniziarono a selezionare quel cavallo lancere (maremmano migliorato con il p.s.i.) addestrandolo per i neonati concorsi ippici. Crispa, Derna, Nasello,
    vincitori di concorsi internazionali, uscirono dagli allevamenti di Maremma.
    Il Chiari, ippologo illustre dei primi del 900, diceva che i cavalli maremmani, nulla avevano da invidiare ai
    loro fratelli irlandesi. Nel 1930, alla mostra a Roma del decennale, selezionati dai Regi Depositi Stalloni, furono presentati ben 30 stalloni maremmani “migliorati”. La seconda guerra mondiale, le razzie militari decimarono gli allevamenti di Maremma.
    Nel 1954 la motorizzazione dell’esercito e la riforma agraria diedero il colpo di grazia. Alla fine degli anni sessanta, grazie alla radicata passione degli allevatori, al boom economico e alla richiesta di cavalli per Concorsi, iniziò la ricostruzione da quel poco che era rimasto.
    Oggi è stata recuperata una razza autoctona, forte, robusta e “gentile”. Ad essa, se vogliamo entrare competitivi in Europa, dobbiamo dare i migliori stalloni (come hanno fatto Francesi, Tedeschi e Olandesi) mantenendo però razzetta di maremmani in “purezza” vivaio di fattrici e stalloni da cui estrarre le migliore fattrici Italiane.
    Dal libro “Il cavallo maremmano” di Anna Spada, editore Camera di Commercio, Grosseto.

    ….e tanti animali della fauna selvatica
     
     

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